Vecchie nuove: il lessico che (non) conta


Da: Alfabeta2, n. 27, marzo 2013.


 

Sulle ali di pipistrello dell’informazione,
corre e scorre e fa spaventi
l’anima torva del simbolico,
del denaro simbolico
(A. Zanzotto)

1.
Verba volant
In temperie elettorale verba volant a bassa quota e persino più in basso degli stracci. A detta di alcuni espertissimi spin doctors questa campagna sarebbe stata la più noiosa oppure la più avvincente. Secondo che l’aria fosse di crisi o il vento di catastrofe*. Ai posteri l’ardua sentenza, ma il semiologo trova pane per il suo palato quando il dire è fare e spesso è malaffare. Quando si abbandona l’argomentazione per la narrazione. Quando è questione di facce e faccendieri. Quando si ammettono 169 segni e contrassegni partitici, fatti salvi i clonati e i piratati. Una sfrenata immaginazione semiurgica: per es. il candidato della lista “Io non voto” andrebbe escluso in quanto straniero, perché votando dimostrerebbe di essere cretese! C’è poco da scherzare però, la realtà è già abbastanza ironica.
Ascoltiamo o leggiamo allora quelle parole della politica che si vogliono chiare e soprattutto nuove. Necessarie soprattutto a quei giovani che giudicano la parola “Sinistra” incomprensibile per nativi – digitali – dopo gli anni Cinquanta. Parole nitide per la regola anglosassone KISS (Keep It Simple, Stupid) traducibile nell’italico FFS (Falla Facile Scemo) anche se abbiamo intercettato e spigolato tanti termini inglesi. A casaccio: account, bad company, brocker, downgrading, empowerment, endorsement, issues, fact checking hard landing, meetup, netiquette, new entry, photo opportunity, premiership, prime time, proxy, ranking, restyling, short term, spread del benessere, target, tycoon, webware, white list ecc., ecc.. Anche news, che sono informazioni in inglese, e non sempre novità in italiano.
Quanto al nuovo in lingua, è fatto per lo più con il vecchio lessico o come capita a Capodanno, buttando via termini da poco introdotti come nuovi. Basti ricordare la proposte di Nuova Classe Media – W. Morris (1885) e C. Wright Mills (1951) o di Nuova Classe – M. Gilas (1957) e J.K. Galbraith (1958); Nuova Classe operaia – S. Mallet (1963); Nuova Piccola Borghesia – N. Poulantzas (1974); Nuovi Indipendenti – Ch. Leadbeater e K. Oakley (1999), fino ai Nuovi Barbari – I. Angell (2000) e i Nuovi Realisti (pubblicitari, scienziati politici, pittori, filosofi, ecc.).
Si sa che la bruciante attualità è fatta di metafore che hanno da tempo dimenticato di esserlo. In ogni caso, ogni giorno che passa il vocabolario delle tirate e delle lizze tra politici diventa meno scritto (ricco di lessico e povero in sintassi) e più orale (scarso di termini e sintatticamente complicato). Si arricchisce di piani, agende (sul modello aziendale), misure, ricette, decaloghi (non sul “che fare?”, ma su “come presentarsi”). Si dota di tassi e soprattutto di tasse, per l’utopia nuova della tassazione permanente cha ha sostituito la vecchia, omonima rivoluzione. Imposte tutte da tagliare, meglio da sforbiciare (mai recidere o rottamare!) come i bilanci che sono da pareggiare. (La legge del taglione della spending review confonde castrazioni e castronerie!) Il regno dell’economia finanziaria, che transita dal concettuale al percentuale, dà adito a terminologie brutali o sofisticate come “spacchettare” i ministeri (o “dimagrirli” con lo spoil system dei funzionari) e “armonizzare l’IVA verso l’alto”. Propongo allora, per giustizia premiale, “l’indagine per il vero in bilancio”, pur sapendolo pericoloso per la mobilità, che ha da essere liquida e flessibile. Negherei però i domiciliari, per il pericolo di fuga di notizie e il conseguente rischio di buon esempio.

2.
Leggiamo alcuni lemmi tra i più ricorrenti e frequentati: Crescita, Insulto, Sondaggista.

Crescita e creazione
L’economia raccoglie tutto il campo semantico intorno a una dominante: la Crescita. Un crescendo di chiacchere incresciose, su come proporre pozioni e lozioni per l’aumento produttivo. Non nel senso per cui crescere qualcuno vuol dire educarlo, per es. a forme di vita più frugali. Eppure Crescere ha una comune radice con “creare”, un verbo che non si addice soltanto ai creativi pubblicitari, ai creazionisti religiosi e ai creatori di moda. La crescita infatti richiede invenzione e dedizione, oltre a manovre e manovrine. Nelle crisi di crescenza, o di lune calanti, il dibattito elettorale sembra portare più sul rincrescimento dei temporis acti, prima della globalizzazione, sulla ricreazione del consumo vistoso e delle tasse evase. Più che un dire è un disdire. Segnalo en passant che agli argomenti della retorica reazionaria degli effetti perversi si è aggiunto quello, ultimo e ricorrente, che le “soluzioni sono i problemi”.
Intanto l’attenzione si sposta dall’argomentazione alle figure discorsive. U. Eco, con un dotto intervento, ha fugato il pericolo che Bersani faccia delle metafore. Io sono incline a considerare le uscite del futuro premier come solecismi luogo-comunardi, direttamente derivati dai testi delle canzoni popolari di San Remo – che notoriamente predilige. Ma anche i cd. colti non sono da meno: un ex- presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali propone di sposare ingredienti e abbracciar ventagli (“sposare una concezione della cultura come ingrediente caratterizzante” e “abbracciare un intero ventagli di soluzioni”). Ci sarà molto da lavorare per tanti giovani cassaintegrati decisi a sforbiciare il linguaggio – non certo a riformarlo. Anche le metafore e altri tropi fanno parecchio lavoro notturno e nero.

Insulti e vituperi
La campagna elettorale, virgilianamente in eundo, declina in dialettica e cresce in eristica. Si arricchisce di invettive e improperi, recupera vecchie passioni che vanno ben oltre alla critica. Dall’understatement all’overstatement. Mentre i politici di professione sparlano quanto basta per non pregiudicare inciuci venturi, espressioni tossiche quanto i derivati escono dalle banche della rabbia; quelle casse di depositi (e dosati prestiti) di indignazione che sono i sindacati e i partiti. Mentre appaiono libri dal titolo Il rancore o Io vi maledico, biasimi e invettive, filippiche e pasquinate si diffondono nelle arringhe all’aperto, in televisione e in rete. Un odio retorico fatto di calembours grossolani ed offese scurrili, sollecitato dai conduttori televisivo in cerca di bisticci e vociferazioni tra primattori, comparse e controfigure del mondo politico e mediatico. Dal collodiano Grillo parlante a quello vociante: il presidente della repubblica è definito un “vecchietto che gira con 3 Mercedes”; la classe dirigente tacciata di associazione a delinquere (in cui si trovano talvolta anche veri delinquenti!) e esponenti politici PD avrebbero fatto alla sinistra quello che la meteorite ha fatto ai dinosauri! La parola virulenta echeggia nel web come un pamphlet reticolare, connessa a testi rap e mediattivisti, tutti pronti a turare con la felpa i buchi del mondo ma troppo spesso anonimi , cioè poco inclini alla foucaultiana parresia, a correre i rischi del pubblico coraggio della verità. Una parola vituperosa in Crescita esponenziale che è impossibile sforbiciare o rottamare.

Sondaggisti e Indecisi
Gli eventi performativi della campagna elettorale sono comunicativi: intercettazioni e sondaggi. I demografi dell’elettorato sono assurti a rappresentanti ufficiosi della pubblica opinione che i giornalisti di ogni medium mettono in scena. Sono i Sondaggisti a pescare oltre le apparenze per captare gli ultrasuoni emessi dalla massa grigia delle opinioni. In concorrenza tra loro – è la guerra dei pool che diventano sempre più numerosi – giocano con palle di vetro, aprono scatole nere, tracciano curve e affiggono cartelli. In assenza di quegli statisti che, per Lenin, sentivano spuntare l’erba, siamo alla Sondocrazia diretta. Temibili sono gli indici di gradimento e il loro pollice verso. Il sondaggista ha preso il posto e il tempo alla parola dell’intellettuale, generale prima poi specifico, passato da coscienza di classe a compagno di strada e utile idiota. Il testo letterario è sostituito da batterie di domande e il lettore da un campione selezionato e auscultato telefonicamente. L’opinione pubblica da mistica entità collettiva diventa un prodotto statistico delle nchieste e dei test, un artefatto contabile.
Il Sondaggista presuppone la liquidità del mercato elettorale a cui applicare i suoi modelli in miniatura; il sondaggese, gergo in progress, è una lingua felpata che si destreggia tra offerte e domande politiche competitive e può interrogare anche l’inconsulto. Oltre ai tragitti, decrementi e tracolli, parla di umori mediatici, di vantaggi semi-incolmabili e fornisce ai candidati pagati consigli: “Mostrarsi sicuri”, “mantenere una linea” ed altre amenità. Non è sicuro se la parola Sondaggio venga dal germanico sund, mare, o dal latino sub unda, certo invece è che suo compito precipuo è pescare nel torbido mare degli Indecisi, renitenti alla politica e recalcitranti allo schieramento. Soggetti anarcoidi, con memoria tenace delle speranze deluse e dal naso troppo delicato da essere turato; insensibili alle profferte di voti utili e convinti che un atto di linguaggio che non impegna chi lo compie e non dà potere a chi lo riceve è solo un simulacro della promessa.
Non è certo che le ex-masse (ite, massa erat) siano sensibili quanto i Sondaggisti vogliono far credere. Chi presta fede, si fa per dire, sono i giornalisti multimediali che trasformano la polifonia relativista delle verità in news oggettive, con accenni sommari ai committenti, cioè ai gruppi di pressione comunicativa. È il politico però che, privo degli antichi faccia a faccia, disorientato nella società della telepresenza, è diventato un addict del sondaggio. Illuso sul termine, di origine francese e illuminista, lo scambia forse con l’anziano Suffragio e così vive di nuda vita, comatosamente sospeso, in trasfusione statistica.

* Chiosa
Una chiosa che è una chiusa. Queste elezioni, come altre, più di altre segnalano una Crisi cioè “lo stato di un soggetto manifestato da un indebolimento, (…) dei suoi meccanismi di regolazione e percepito dal soggetto stesso come una minaccia per la propria esistenza” (R. Thom). Persistere senza trovare soluzioni o iterando le pseudosoluzione conduce alla Catastrofe. L’uomo Sondato, come il lavoratore Esodato è mezzo avvisato.

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