Da: Alfabeta2, n. 11, luglio 2011.
Garriscono i tricolori. Un modo sonoro di ricordare agli italiani che è il 150° anniversario dell’Unità e che dall’anno prossimo potranno dimenticarsene per almeno cinquant’anni. Fervono intanto le iniziative, compresa quella, detta Responsabile, che dal 20/01/2011 raggruppa una nuova formazione parlamentare di mutanti politici, versipelle e voltacasacca, gabbana e giacca.
Visti i loro trascorsi e orecchiati i loro discorsi, difficile capire in che senso si chiamino responsabili, termine che implica almeno una risposta. Di primo acchito direi che è Responsabile chi “deve render conto del proprio operato” e che questo gruppo è tenuto insieme dalla presentazione dei conti per il proprio voto di scambio. Risponde quindi, ma ad ad un’offerta economica. Detto questo, non abbiamo inteso a pieno il senso d’un fenomeno attuale che, invano, speriamo passeggero.
Nell’ambiente delle tecnologie comunicative il cd. Responsabile ci sembra un Transponder, un Transmitter responder, abbreviato inTPDR: un dispositivo ricetramettitore automatico che genera un segnale predeterminato sulla frequenza economica (“Quanto?”) in risposta ad una interrogazione politica specifica: “Vota per la maggioranza”. Sottoportanti quanto supponenti, i Transponder sono programmati nei sistemi di identificazione amico-nemico e nel traffico di voti. Deputati di dubbia reputazione, ma esperti nei travasi di posizione, nelle transizioni e nelle transazioni, i Trasponder hanno scelto di abitare – tra i prefissi disponibili: eco-, bio-, info-, porno-, ecc. – il mondo dei Trans-. Il loro scambio di posti e voti é un esempio della postmoderna Trasvalutazione dei valori; non tutti beninteso: solo quelli dei capitali di proprietà e di reddito.
Sono Trasformisti? In tal caso niente di nuovo sotto il sole di Roma. Il transponder sarebbe solo un epifenomeno di una salda struttura politica nazionale, ingiustamente assente dai festeggiamenti dell’Unità. L’anno prossimo infatti dovremo festeggiare il 120° anniversario del Trasformismo: 8 ottobre 1882, quando il governo Depretis ne decretò la nascita ufficiale, col sostegno parlamentare dei deputati della Destra storica nei confronti – udite!, udite! – di un governo della Sinistra. Più che un trend, una trave portante della nostra vita parlamentare, fondata su un tratto caratteriale e culturale degli italiani. Da Minghetti e Crispi (che insistevano a dirsi di Sinistra mentre facevano una politica di destra), attraverso l’abominevole Democrazia Cristiana, fino a Veltroni e D’Alema (che, si sa! non sono mai stati comunisti e sempre liberali, come tutti gli altri!). Per festeggiarlo, il Trasformismo, ci vorrà un altro scatto di orgoglio, come quello che ci chiede ora il presidente della Repubblica?
Anticipo però qualche riserva – in retorica si chiama prolessi – sull’ipotesi di classificare i Transponders vaganti sotto la stessa categoria socialmente omogenea dei liberali postunitari. Quello era il balletto Excelsion della Belle Epoque, e questi sono i bunga bunga dei berluscones. Quelli avevano delle credenze, questi credono solo al credito. Quelli erano rappresentanti, questi sono (rap-)presenzialisti. Quelli sostenevano un’economia liberale, questi sono liberoscambisti di voti. Per quelli il trasformismo era una camera di compensazione del conflitto politico (teorizzato dallo svizzero Bluntschli), per questi le Camere sono un’occasione di compensi e ricompense. Nei diversi “–formismi” della nostra storia politica siamo passati dall’opposizione tra conformisti e riformisti all’inciucio dei performisti elettorali e ai deformisti della giustizia.
Tuttavia, nella struttura profonda del trasformismo qualche cosa sta iscritto e permane anche nella responsabilità limitata dei Transponders. E non sono solo i luoghi comuni e mediaticamente frequentati degli ideali compromessi, della degenerazione clientelare e affaristica del politico.
È il fallimento, con buona pace di Bobbio, del binarismo (presunto) anglosassone, il passaggio dallo schieramento di maggioranza alla maggioranza degli schieramenti; quelli da collaudare al di fuori d’ogni fedeltà a partiti disgregati dalle logiche trasversali. Con una deputazione economicamente aperta ad ogni ordine del giorno, i voti si ottengono di volta in volta e i problemi vengono risolti col rinvio e la mancanza di soluzioni. Ed il conseguente aumento del potere del premier, che mette la maggioranza alla mercè di chi “fortemente vuole” e soprattutto paga. Percorso di alienazione della politica in cui il parlamento non è più l’organo di potenzialità alternative dove si parla e discute, ma un mercato di consensi. Un’alterazione riscontrabile persino nell’elogio della buona amministrazione che fu l’argomento del trasformismo di Crispi e del comunismo emiliano. Con il risultato, sotto gli occhi di tutti, di tradurre interessi locali, depurati da ogni potenzialità politica, attraverso ogni risma di contropartite di collocamento nelle pubbliche amministrazioni e negli enti ad esse collegate. Si riducono così gli spazi di legalità per iscrivere le spinte riformiste che vengono dall’economia, dalla scienza, dalle arti, dai collettivi del volontariato e che restano inaudite nella società civile. La dialettica politica va dalla tesi alla collusione senza passare per l’antitesi: non ce n’è mai bisogno dato che le condizioni sono sempre cambiate! Insomma è la formula stessa del pateracchio. Chi continua invece per la propria via, sappia di essere un deviazionista.
(Il trasformismo è un habitus acquisito, non un destino genetico dell’italiano: come la ferocia mafiosa, la quale non è di natura sicula ma un effetto della concorrenza tra gruppi malavitosi per la “protezione” e la riscossione del pizzo: libero mercato in cui vince il più spietato.)
I Transponders tuttavia hanno qualche cosa di irriducibile al vecchi trasformisti. Sono Transformers, una specie per certi versi aliena. Oggi abitano il Parlamento come i loro omologhi frequentano i media, dai fumetti ai giocattoli, dal sequel cinematografici ai videogiochi d’azzardo.” Protoforme” politiche con primati d’incasso.
Mentre il trasformismo storico si pretendeva erede dell’evoluzionismo darwiniano, dei “virili ceti e partiti medi”,
quella dei Trasformers è traspolitica e transgenica. Geneticamente sono mutageni: agenti vitali e virulenti d’alterazioni bicamerali e governative che danneggiano il patrimonio codificato di informazioni presente in ogni raggruppamento e responsabile e della trasmissione dei caratteri ideologici identitari. Morfologicamente invece i Trasformers sono personaggi robotici ricombinanti e pronti a tutte le combinazioni. Creature meccaniche mimetizzate come nel film omonimo – alle dipendenze del premier Megastron, il titolare dei cartoni-moneta, che vuol governare il paese rigovernando il parlamento.
È questa la ri-governance a cui sono sinergici i Transformers. Io no. Anche se la transpolitica, da ipersensibili che eravamo ci ha resi iposensibili, mi sento allergico ai Transponders, come agli escrementi di acari e altri insetti. Mi danno l’orticaria, eruzioni verbali e prurito alle mani. Allora, mettiamo fine a questo iniquo sequel, disattiviamo i loro sistemi energetici, i poteri di Megasrton, il grande Acquisitore. Trasformiamoli per davvero, azzerando i loro conti e chiedendo loro di renderne conto. Che diventino davvero Responsabili.