Signa manent


Introduzione a Algirdas Julien Greimas, L’attualità del saussurismo, Aracne Editrice, Roma, 2014.


 

Nous ne reconnaissons comme sémiologique que la partie des phénomènes qui apparait caractéristiquement comme un produit social.
(F. de Saussure, Fond BPU, 1996)

1.

Signa manent, almeno per i tempi dell’Anniversario. Una istituzione che festeggiava il trapasso a miglior vita e ha poi proliferato ad ogni tipo di ricorrenze. I segni perdurano se e quando permanga una “tensione essenziale” (T. Kuhn), rompendo il silenzio dell’inattualità, prolungando un gesto o proseguendo un progetto.
Alla conclusione del centenario della morte di F. de Saussure (1857-1913), è parso opportuno ripubblicare, a futura memoria, per salienza storica e pregnanza disciplinare, “L’actualité du Saussurisme”. Sia detto senza codardo encomio e servo oltraggio, un contributo miliare alla linguistica e alla semiotica che, alla distanza di oltre mezzo secolo, è tutt’altro che datato.
A.J. Greimas pubblica questo testo all’occasione del 40 anniversario dell’uscita del Corso di linguistica generale su Le français moderne, 1956, n. 24 p. 191-203. Sono trascorsi otto anni dalla tesi di stato sostenuta da Greimas all’Università di Parigi La mode en 1830, con la direzione di C. Bruneau (1948) (oggi in Puf, Parigi 2000, a cura di T. Broden) e dieci anni prima di Sémantique structurale, Larousse, Paris1966 (1968). (Segue di un anno l’antologia originale in lingua italiana, Modelli semiologici a cura di P. Fabbri e P. Paioni, Argalia, Urbino, 1967).
È un contributo – già apparso in italiano nel 1995 in A. J. Greimas, Miti e Figure, a cura di F. Marsciani, Progetto Leonardo, Esculapio, Bologna – tutt’altro che epidittico o apodittico. Con “induzione e divinazione”, qualità che Saussure richiedeva al linguista e al semiologo, Greimas contrassegnava un incipit e additava il senso della ricerca semiotica a venire.
A partire dalla ricca temperie di quegli anni, questo articolo colloca con precisione i concetti rilevanti e la problematiche salienti nella ricerca sui sistemi e processi di significazione. La nozione double face del segno, l’articolazione tra langue e parole, la problematica distinzione tra sincronia e diacronia. De Saussure è presentato per la sua originale visione: il mondo va colto “come una vasta rete di relazioni, come un’architettura di forme cariche di senso e dotate di un proprio significato“: visione che il linguista e semiologo ginevrino è in grado di “trasformare in teoria della conoscenza e metodologia linguistica“. Sono queste le caratteristiche che collocano il Cours de linguistique générale al centro di un paradigma concettuale che vedeva la pubblicazione concomitante di R. Jakobson, (e M. Halle), Fondamentals of Language, La Haye, 1956, dedicato appunto a Saussure; di E. Benveniste sulla rivista lacaniana La Psychanalyse, I, 1956, con le “Remarques sur la fonction du langage dans la découverte freudienne”; mentre R. Barthes terminava le sue Mythologies. Il tutto sotto il segno di M. Merleau-Ponty – di cui Greimas cita il capitolo “Il corpo come espressione e la parola” (1945) – la cui riflessione fenomenologica prolungava, come farà più tardi P. Ricoeur, il “postulato saussuriano”.
Greimas affidava alla linguistica un ruolo pilota per le scienze dell’uomo, nella ricerca di una realtà sociale intelligibile con speciale riferimento all’antropologia culturale di C. Lévi Strauss.. “Il significante linguistico ricopre… un vasto significato, la cui estensione corrisponde pressappoco al concetto di cultura“. Un progetto semiologico solidamente fondato sugli asserti di L. Hjelmslev: “partendo da un insieme significante nettamente strutturato (letteratura, lingua popolare, mitologia) si è autorizzati a costruire un sistema semiologico le cui strutture, rivelate dall’analisi, comporteranno un significato globale autonomo“.

2. Historia magistra?

Per Greimas lo strutturalismo era un saussurismo. Un progetto a vocazione scientifica che disegnava uno spazio problematico di ampia risonanza e respiro; da percorrere come bracconieri, attraversando l’eterotopia interna delle frontiere disciplinari. Ridefinito e discusso, mantiene oggi il suo valore euristico, nonostante i fraintendimenti, le riserve e le resistenze. (In primis una psicologia cognitiva che continua a separare pensiero e linguaggio!). Davanti a queste ultime, è opportuno sottolineare il ruolo che Greimas assegnava alla dimensione sociale e storica. Non solo per i riferimenti a K. Marx e a G. Lukacs, poichè la nozione stessa di prassi in semiotica viene dal marxismo, via M. Merleau-Ponty: “Saussure potrebbe aver tracciato una nuova filosofia della storia“. E non soltanto nella riflessione sugli Annales (M. Bloch, L. Febvre), ma per il ruolo che la storia svolge nello studio del linguaggio e della letteratura. In primo luogo, quando auspica una conciliazione tra linguistica strutturale e storica nelle ricerche che riguardano la portata diacronica delle lingue. Indagini volte a coglierne la struttura secondo lo sviluppo storico, nella “tendenza allo squilibrio“, oltre la severa antinomia tra sincronia diacronia. Greimas auspicava, contro la vulgata pro- e anti-strutturalista, un’indagine sulla prassi linguistica compresa come “andirivieni tra parole e langue” (E. Coseriu). Progetto coerente con la formazione lessicografica dello studioso lituano che lavorava al Dictionnaire de l’ancien français jusqu’au milieu du XIVe siècle, apparso nel 1969 da Larousse, – e pensava alla semiotica come l’esplicitazione sistematica del savoir faire della grande tradizione filologica (L. Hjelmslev). Una gnoseologia e una metodologia iscritta nel frame d’una filosofia dei linguaggi verbali e dei segni non verbali. Il progetto di ricerca sulla semiosfera che verrà poi presentato come Dizionario di ragionato della teoria del linguaggio, in vista di una semio-scienza della cultura (R. Thom, J. Lotman).
Per quanto riguarda la letteratura, dove la rinuncia al progetto saussuriano ha lasciato molte ambascie critiche, Greimas auspicava una nuova scienza del linguaggio letterario e ne intravedeva l’incipit nell’autonomia della “scrittura” di R. Barthes – e nelle ricerche di J. P. Richard. Un catalogo di forme letterarie come piano significante di un metalinguaggio che rinvia al significato globale di un’epoca, cioè alla sua destinazione sociale, estetica e morale. Anche in questo caso si trattava di «di imporre un al di là del linguaggio che è al tempo stesso la Storia e la posizione che vi si assume»; una concezione di storia della scrittura che, a dispetto di molta lana caprina, M. Foucault svilupperà come archeologia delle formazioni discorsive.

3. Heri dicebamus, hodie dicemus

È un luogo comune disciplinare che i momenti di turbolenze e esplosioni siano seguiti da periodi ri-costruzionisti (Bachelard): rimaneggiamenti e ri-dispiegamenti per verificare premesse più o meno adeguate e promesse mantenute o no (Come l’imminente sviluppo del linguaggio musicale,v. B. de Schloezer!). Il lungo impegno di togliere le impalcature per vedere l’insieme dell’edificio: un cogitamus per assicurare coerenze e coesioni interne e rispondere alle richieste che provengono dalla multimedialità contemporanea, dalla traduzione culturale mondializzata e da rinnovate esigenze di senso e di valore. Richieste a cui l’approccio saussuriano può rispondere a partire dal suo fondamento teorico e sociale. Il Cours insiste infatti sulla valore simultaneo dell’analogia contro la  gerarchia diacronica dell’etimologia; sulla descrizione interdefinita contro la spiegazione lineare. Tralascia gli arcaismi del senso e abbandona la ricerca genealogia delle origini  per studiare i rapporti di prossimità segnica, come farebbe uno studioso dell’imitazione sociale quale G. Tarde. Per R. Barthes*, i segni saussuriani interdefiniti intrattengono rapporti “democratici” di “con-cittadinanza” del significato. All’arbitrario dei segni, passibile di introdurre un’angoscia referenziale e una possibile perdita di fiducia nella comprensione collettiva, pongono rimedio i codici semio-linguistici condivisi, che sono isomorfi alle clausole di un contratto sociale.
Il “post-” cronologico è talora l’occasione di un ripensamento sistematico. I concetti di base della metodologia greimasiana – semi, attanti, isotopie, narratività, passione, enunciazione – hanno resistito all’indifferenza, agli equivoci e ai trapianti. Contro il rimorso dei ritorni ontologici, le filosofie del linguaggio istoriate di exempla ficta, l’eclettico bailamme dei cultural studies, la semiotica saussuriana – prefigurata da Greimas e rafforzata dalla scoperta e rilettura degli originali del linguista ginevrino – si ripropone come modello d’avvenire. Per F. Rastier, che in questo filone criticamente si iscrive: “dopo Chomsky, Saussure“. E aggiungiamo noi, invece di naturalizzare le scienze umane – pretesa della big science cognitivista – meglio sarebbe acculturare le scienze naturali (G. Latour, G. Marrone).
Esposti come siamo al profluvio delle divulgazioni semiotiche chiavi in mano (target oriented), rileggere questo testo in versione originale (source oriented) non è un’esperienza ridondante ma l’anticipazione di un’attesa.


Note

  • * R. Barthes, “Saussure, il segno, la democrazia”, L’avventura semiologica, Einaudi, Torino, 1991. torna al rimando a questa nota
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