Postfazione a «Semiotica e scienze sociali» di A. J. Greimas


Da: (con Paul Perron), Algirdas Julien Greimas, Semiotica e scienze sociali, a cura di Dario Corno, Centro Scientifico Editore, Torino, 1991, pp. 217-225.


All’interno della semiotica generale, si può forse dire che ci sia oggi un duplice movimento che riguarda sia l’applicazione della teoria semiotica sia la sua intelaiatura filosofica. Sono messi in discussione, da un lato, i postulati filosofici e semantici della teoria (ad esempio, dal decostruzionismo e dalla psicoanalisi) e, dall’altro, la relazione tra il linguaggio oggetto e i suoi strumenti (ad esempio, rispetto al gran numero di applicazioni più o meno ben esercitate). Ma l’originalità della semiotica consiste nel fatto che, pur essendo situata tra questi estremi, che Greimas chiama livello epistemologico e livello di applicazione, essa nondimeno continua a configurarsi come piano intermedio di articolazione tra i due poli. Per Greimas esiste qui un settore metodologico in cui i concetti operazionali e le procedure di scoperta sono interdefinite e rese esplicite: “i concetti che sono stati dapprima premessi come postulati devono almeno essere integrati in una rete di interdefinizioni che garantisca la coerenza interna del sistema”. In altri termini, quel che è innovativo nell’impresa semiotica è che essa è nello stesso tempo speculativa ed empirica; l’autentica raison d’être della metodologia è stabilire il legame mancante tra conoscenza epistemologica e testuale. Sotto questo rispetto, la metodologia costituisce il terreno d’incontro tra la teoria dei segni e le scienze umane. Ciò spiega perché la semiologia può essere pensata non come una epistemologia nor­mativa del significato, ma come un metalinguaggio delle scienze uma­ne, se si definisce quest’ultimo come costituito da discipline di signi­ficazione, vale a dire del modo in cui gli esseri umani organizzano i sistemi e articolano i processi del significato.
Non andrebbe dimenticato che la formazione originale di Greimas è stata in filologia e in lessicologia. Nell’esaminare i suoi scritti sul folclore e la mitologia (si veda Degli dei e degli uomini1) si riconosce una tacita conoscenza che deriva da una lunga tradizione di coopera­zione tra la linguistica e l’antropologia. Questa tradizione, che ha le sue radici nella mitologia comparata e nella grammatica, racchiude, per esempio, i nomi di Viggo Brøndal e Claude Lévi-Strauss, Louis Hjel­mslev e Jocelyn de Jong e, infine, Roman Jakobson e ancora Claude Lévi-Strauss. Occorre notare, tuttavia, che l’assetto metodologico e operativo del pensiero di Greimas è stato completamente rivisto duran­te gli anni sessanta e settanta, grazie al suo incontro con la fenomeno­logia francese (Maurice Merleau-Ponty) e alle conseguenze della rot­tura epistemologica saussuriana (Claude Lévi-Strauss, Jacques Lacan, Roland Barthes, Michel Foucault, ecc.). Va inoltre notato che l’ambito epistemologico era già estremamente articolato attraverso il progres­sivo, importante rinnovarsi dei modelli e dei metodi in linguistica (Lucien Tesnière, André Martinet), in storia (Ernst BIoc, Fernand Braudel e la scuola degli Annali, ecc.), nella critica dell’arte (Henri Focillon e Pierre Francastel) e nella sociologia della letteratura e della conoscenza (Lucien Goldmann). E anche se questa ristrutturazione del pensiero riguarda essenzialmente la dimensione del senso e la sua ar­ticolazione formale in modelli del significato, il lungo e coerente pro­getto di Greimas, elaborato per circa un quarto di secolo, spazia dalla ricerca sul discorso della scienza (“Il discorso scientifico nelle scienze sociali”2, “Il sapere e il credere: un solo universo cognitivo”3 e “I fatti casuali nelle cosiddette scienze umane”4), alla fondazione dell’attività commerciale francese in quanto attività legale (“Analisi semiotica del discorso giuridico”5), attraverso considerazioni sul discorso storico (si veda “Struttura e storia”6), sulla vita urbana (“Per una semiotica topologica”7) e la comunicazione intersoggettiva (“La sfida”8 e “Della collera”9).
Fra tutti coloro che hanno dato un contributo alla riformulazione strutturale dell’epistemologia, Hjelmslev e la scuola danese della glos­sematica hanno avuto un’influenza decisiva su Greimas. Per Hjelm­slev10 il ruolo di una semiotica generale consisteva nel descrivere l’uni­verso semantico nella sua totalità, il che in effetti veniva a corrispon­dere con la descrizione dell’intera cultura (in termini hjelmsleviani, sostanza del contenuto) di una comunità etnolinguistica. Pur mante­nendo saldo il quadro teorico complessivo, condiviso – fra gli altri ­- anche dal progetto sociosemiotico di Michael Halliday, Greimas ha preso una certa distanza, se non una certa libertà, da questo assunto cruciale del pensiero di Hjelmslev. Messo di fronte all’impossibilità di descrivere l’intero universo semantico di una cultura, Greimas è stato indotto a introdurre i concetti di microuniverso semantico e di discorso (discorsi), cosa che ha comportato un mutamento di strategia metodo­logica in quanto implica una scelta teorica di base. Il punto di partenza non era più il “linguaggio” in generale, ma il “microuniverso discorsi­vo” – e cioè, in altre parole, la manifestazione sintagmatica del “mi­crouniverso di significato” che va ricostituito per ristabilire le isotopie e le assiologie di fondo. Questo spiega perché il semiologo sente il dovere di considerare con attenzione il modo in cui le diverse scienze umane fanno un resoconto specifico dei diversi tipi di discorsi sociali (generi, discorso giuridico, letteratura etnica, linguaggi settoriali dei media, forme della città, varianti sociolinguistiche, storia) e del modo in cui esse costruiscono il significato.
La relazione tra microuniverso semantico e procedure di scoperta, ovvero la formulazione delle operazioni cognitive che permettono la sua descrizione e soddisfano le condizioni di “scientificità”, dev’essere spiegata. Su questo punto cruciale Greimas segue il principio di empi­rismo di Hjelmslev, per il quale la teoria deve soddisfare tre condizioni organizzate gerarchicamente: la coerenza, l’esaustività e la semplici­tà11. Questi criteri, che sono interpretati da Greimas come mezzi per fornire un orientamento strategico ed operativo alla ricerca in modo da garantire una descrizione adeguata a dati significati, vengono conside­rati formulazioni concettuali più che trasposizioni formali. È importante che si mantenga un equilibrio appropriato tra induzione e deduzione, tra la forza dei modelli e l’interesse e la complessità dei dati. Ne è un esempio del tutto adeguato quello che riguarda Georges Dumézil, la cui opera è molto stimata da Greimas. Nel suo libro Nascita degli arcangeli, che Greimas ha studiato, Dumézil ha analizzato i teonimi delle principali religioni epiche e dei testi folclorici della tradizione europea. A partire dal comparativismo morfofonetico, lo studioso raggiunge il comparativismo semantico di modo che le divinità non sono più analizzate al livello superficiale dei loro nomi, ma anche al livello di quei tratti del contenuto per i quali i nomi sono principalmente definiti come punti di intersezione di reti semantiche. Attraverso questa importante scoperta scientifica, Dumézil è stato in grado di ricostruire il sistema semantico sottostante articolandolo in tre funzioni gerarchiche e gettando le fondamenta, in questo modo, per descrivere gli aspetti principali dell’ideologia degli Indoeuropei. Da “La mitologia comparata”12 a “I fatti casuali nelle cosiddette scienze umane”13, Greimas ha analizzato la narrativa delle scoperte di Dumézil nell'”ultrastoria” al fine di ricostruire le procedure di scoperta implicite nello studioso di mitologie.
Confrontandosi con altre discipline che si limitano a esaminare la struttura significativa di una singola cultura, Greimas insiste sul comparativismo. Da questo punto di vista, sia il comparativismo linguistico, applicato al piano dell’espressione, sia quello mitologico (Lévi-Strauss e Dumézil), esteso al piano del contenuto, hanno, in larga parte, contribuito al fondamento metodologico che sta alla base della semiotica francese. L’importanza della grammatica comparativa dal punto di vista della storia delle scienze viene considerata decisiva perché, come osservano Greimas e Courtés, essa “non è dunque soltanto, come pensano alcuni, un periodo storico superato che marca una delle tappe dello sviluppo della linguistica, ma una teoria e una pratica efficace che esplora nuove aree linguistiche e che è suscettibile di estrapolazioni verso altri domini semiotici”14. Ad esempio, si attende ancora l’applicazione di questa teoria concreta e dei suoi esercizi di lettura alla letteratura comparata: “non è impossibile pensare che la nozione di intertestualità, elaborata in maniera più rigorosa, possa introdurre il comparativismo in semiotica letteraria”15.
Si deve ricordare che Greimas trova l’ispirazione e le fonti del proprio lavoro in due dei maggiori studiosi di antropologia e folclore del XX secolo: Claude Lévi-Strauss fornisce a Greimas l’aspetto paradigmatico della teoria e Vladimir Propp quello sintagmatico o sintattico. E questo è esemplare del modo in cui Greimas ha sempre tenuto stretti contatti con la ricerca nelle scienze umane. Dopo aver elaborato le necessarie mediazioni teoriche, egli ha collegato due modelli complementari e ha costruito una teoria generalizzabile nei termini della semantica narrativa generale. Il passo successivo in questo progetto costruttivo è stato quello di liberare la teoria dalla formula della fiaba di Propp come strumento per analizzare la dimensione narrativa, per cui Greimas ha finito per sviluppare una sintassi elementare in grado di organizzare qualsiasi tipo di discorso. Naturalmente, per Greimas, il narrativo è da pensarsi come un simulacro, “un essere di carta” di tutti i comportamenti umani significativi e culturalmente contestualizzati. Si dimostrava così che il modello di Propp risultava scomponibile in tre serie o sequenze successive, corrispondenti allo svolgimento sintagmatico del modello attanziale (a sua volta articolabile, dal punto di vista paradigmatico, in una sequenza di ricerca [Soggetto – Oggetto] e in una sequenza comunicativa [Destinatore – Oggetto – Destinatario]), in cui due serie comunicative esprimono una sequenza d’azione. La sequenza manipolatoria e quella sanzionatoria racchiudono la sequenza d’azione che trasforma gli stati. Come conseguenza, ne scaturivano tre diverse semiotiche: una semiotica della manipolazione, che riguarda il modo in cui il Destinatore (o Mandante) manipola il Soggetto; una semiotica dell’azione, che riguarda il modo in cui la competenza attiva le performanze (o prestazioni); e, infine, una semiotica della valutazione o sanzionatoria, e cioè il porsi in essere dei giudizi intorno al Sé, agli altri, alle cose. Attualmente, si cerca di dare un’interpretazione semiotica alle passioni, un passo decisivo dal momento che quanto si presentava all’inizio come una teoria che fondamentalmente attribuiva ai Soggetti la capacità di agire, ora considera i Soggetti come esseri attivi dotati di personalità e temperamento. Come ha fatto notare lo stesso Greimas, “analizzare il discorso in questo modo significa costruire dei modelli che spieghino la traiettoria della vita dei soggetti, degli uomini”.
Un’evoluzione di pensiero del genere segue, nelle linee principali, quello che è capitato alle scienze umane da Max Weber ad Alfred Schutz, da Talcott Parsons all’etnometodologia, attraverso Irvin Goffmann, il cui tentativo è stato quello di costruire un modello delle azioni significative in un quadro intersoggettivo. Greimas ha costruito un modello delle azioni prima di introdurre nozioni come le modalità e le aspettualità che sovradeterminano gli attanti. Sono state poste e interdefinite quattro modalità (due virtuali, volere e dovere e due attualizzanti, potere e sapere) così come tre aspettualità (incoativitàduratività e terminatività). Poi, considerati i testi folclorici come intersezione di due modelli d’azioni – conflittuali e contrattuali – in divenire, Greimas è riuscito a trasformare il modello proppiano in un modello interazionale. Al posto di un Soggetto, di un Oggetto e di un Oppositore, si confrontano due Soggetti interagenti, modalmente competenti. Ciascun soggetto, dotato di una sua specifica organizzazione modale, si inserisce in una relazione polemico-contrattuale con l’altro. A questo punto la strategia diventa più importante delle regole. Inoltre, in aggiunta al sistema del sapere, il modello attanziale riesce a render conto della costruzione e della trasmissione dei significati. Grazie ai lavori di Marcel Mauss e Claude Lévi-Strauss, la comunicazione veniva ripensata in termini di scambio e provocazione, e il concetto veniva esteso dalla circolazione di oggetti e messaggi allo scambio di valori modali entro il quadro di un contratto fiduciario da mantenersi attivo durante l’interazione (cfr. “Il sapere e il credere: un solo universo cognitivo”16).
Il punto principale qui è che a partire da differenti universi discorsivi attualizzati nei testi si può ricostituire un simulacro semantico costruito (si veda “La sfida”17 e “Della collera”18) realizzabile differentemente, in orizzontale o in verticale, a seconda delle varianti spaziali e temporali. Un’ipotesi del genere sembra indirizzarsi nella stessa direzione generale delle scienze della cultura. Per esempio, nell’antropologia cognitiva, concetti come framescript e scenario, collegati per inferenza sul piano sintagmatico, si usano per descrivere le rappresentazioni di azione in svariate culture. In opposizione a queste nozioni rigorosamente cognitive fondate sul concetto di inferenza, Greimas ci offre un quadro concettuale che accentua l’isomorfismo e l’analogia e che, in aggiunta alla dimensione delle azioni, provvede a render conto della conoscenza come dei sistemi di credenze, della dimensione timica e di quella passionale, che sono le componenti ineludibili e spesso dimenticate del significato.
Tuttavia, a rischio di ripeterci, l’apertura della dimensione fiduciaria introduce nella dimensione cognitiva l’aspetto soggettivo del credere e dell’ aderire. Il che porta a due altri ordini di questioni: in primo luogo, l’importanza della componente figurativa e, in secondo luogo, l’importanza di quella passionale. Con la mediazione dell’istanza enunciativa le strutture virtuali delle azioni si realizzano e si mettono in figura diversamente a seconda delle categorie del mondo naturale utilizzate come forma di espressione. Per quanto riguarda il passionale, è possibile fornire una caratterizzazione operativa dei sistemi e dei processi emozionali: in una parola, la trasformazione di quegli stati d’animo (états d’âme) del soggetto rispetto alle azioni che li provocano o verso cui sono condotte (per un analisi sintagmatica di questa componente patemica – modalità, aspetti, tempo, ecc. – si veda “Della collera”19 e “La sfida”20). Nell’analizzare la figuratività incontriamo il problema della tipologia dei segni, specialmente di quelli non linguistici e non arbitrari, e della loro efficacia. Nello studiare le passioni, ci occupiamo invece fondamentalmente del concatenarsi delle modalità della tensività, della dimensione timica e più in generale della dimensione della propriocettività corporale. Tutti questi problemi sono fondamentali per lo sviluppo della semiotica.
Se, da un lato, dal punto di vista dell’antropologia, la semiotica sembra occuparsi di strutture semantiche profonde (per es., sul piano collettivo l’universo sociolettale si caratterizza per l’uso della categoria natura vs cultura e, sul piano individuale, per l’articolazione della categoria vita vs morte), dall’altro, tutto ciò non è soddisfacente in quanto, nella prospettiva della sociosemiotica si deve spiegare “il giudizio che una comunità socioculturale adotta relativamente ai problemi fondamentali che affronta”21. A un livello ancora più raffinato è anche necessario ricostituire le tassonomie sottostanti al discorso e alle pratiche sociali, e cioè il modo in cui l’interazione specifica genera quelle connotazioni sociali che riempiono il loro piano del contenuto (si vedano, per esempio, D. Hymes e J. Gumperz). È il caso, ad esempio, dei problemi che scaturiscono dal considerare il discorso delle comunicazioni di massa come opposto alla letteratura etnica e alle ricerche fondate su epistemologie semiotiche, cioè, sull’atteggiamento che le diverse culture adottano rispetto ai loro segni particolari. Questa prospettiva condivide una forte analogia con la scuola semiotica di Tartu dei sistemi secondari di modellizzazione (Juri Lotman) e con i concetti di formazione discorsiva e di episteme (Michel Foucault) che vengono considerati come lingue all’interno di una metasemiotica generale della cultura.
Inoltre, per quanto abbia sempre tenuto conto delle componenti sociali dei testi, contrariamente a certi diffusi luoghi comuni, la semiotica non ha mai ignorato l’importanza della storia. Greimas è stato continuamente chiamato in causa nel dibattito sulla storia, nel tentativo di superare l’opposizione tra ragione dialettica e ragione analitica, rappresentata da Jean Paul Sartre e Claude Lévi-Strauss. In “Struttura e storia”22, ad esempio, egli dimostra che si possono costituire strutture narrative iniziando dalle diverse strutture della durata (strutturale, congiunturale ed evenemenziale), dell’economia, della società e della mentalità. In quel testo, Greimas cerca di dimostrare come gli eventi narrativi siano generati da strutture di lunga durata, mentre in un altro saggio, “Sulla storia evenemenziale e la storia fondamentale”23, ha tentato di illustrare come gli enunciati astratti sintagmatici si realizzino in tipologie di generi discorsivi variabili in diversi periodi di tempo. Se noi oggi assistiamo all’abbandono di affreschi storici di vasta portata per una narrativa biografica, dobbiamo anche essere consapevoli di come l’impostazione di Foucault alle formazioni discorsive si situi in un processo di rinnovamento dei metodi storici non anedottici, come, per esempio, testimonia l’opera di Paul Veyne. È in questo senso che Greimas, come Michel de Certeau, ha insistito sull’importanza di microuniversi storici che, come la letteratura, possono farsi carico di ogni significazione umana.
Nello stesso tempo, è una forza e non solo un tratto distintivo della semiotica la sua capacità di descrivere testi di diverso tipo e di differenti livelli concettuali, compresi i testi filosofici e quelli scientifici. Il che comporta ancora una volta che, contrariamente a quanto è stato spesso detto o contrariamente a quanto non siamo portati a credere, la semiotica non è né una filosofia generale del significato né una metadisciplina delle scienze umane, ma una teoria capace di analizzare i testi teorici delle scienze sociali per smascherare la loro episteme sottostante e per renderne possibile un confronto e una valutazione. Analogamente, è importante che la stessa semiotica non sia soltanto “la scienza della scienza che è”, ma ponga in atto una descrizione del proprio discorso, dei propri metodi e concetti. Questa riflessività, che è il perno di ogni pratica di significato (i metalinguaggi sono solo un livello della lingua naturale), non è un paradosso ma un’opzione feconda per capire la sua attività cognitiva e anche sociale. In definitiva, dopo aver definito la semiotica in un senso rigorosamente hjelmsleviano (sistema di segni scientifico, il cui oggetto è un sistema di segni non scientifico), Greimas ha indicato questa duplice possibilità di “infedeltà”, quella di Barthes che studia i linguaggi di connotazione in maniera non strutturale e quella dei logici che usano sistemi metasemiotici aventi per oggetto sistemi di segni. Ma probabilmente tutti i progressi di una disciplina dipendono tanto da un atto di infedeltà quanto da uno di fedeltà e forse per la semiotica il problema è, almeno in apparenza, semiotizzare le proprie infedeltà. E questo è quanto sembra fare Greimas quando si occupa delle connotazioni strutturali all’interno del quadro complessivo delle scienze sociali. Il suo testo “l modelli teorici in sociolinguistica”24 ci può forse dare una definizione di quei tratti discorsivi della scienza che possono operare riflessivamente sullo stesso discorso semiotico.
Forse agli inizi, non diversamente da organizzazioni e pratiche significative che tentino di unificare il significato, la semiotica sognava di costruire il codice definitivo del significato e, per citare Goethe, “il loro coro li guida verso una legge segreta”. Questo sogno è finito, ma la semiotica, in quanto progetto aperto e interminabile che punta alla scientificità, può almeno fungere da intermediaria metodo logica comune nelle scienze umane.


Note

  1. A. J. Greimas, Des dieux et des hommes. Etudes de mithologie lithuanienne. Traduction d’Edith Rechner révisée par Anne Hénault, Presses Universitaires de France, Paris 1985. torna al rimando a questa nota
  2. Primo capitolo di questo volume. torna al rimando a questa nota
  3. In A. J. Greimas, Du sens II. Essais sémiotiques, Seuil, Paris 1983 [trad. it. a cura di Patrizia Magli e Maria Pia Pozzato, Del senso 2. Narrativa modalità passioni, Bompiani, Milano 1984, pp. 111-29]. torna al rimando a questa nota
  4. In A. J. Greimas, Du sens II, op. cit. [trad. it., pp. 165-215]. torna al rimando a questa nota
  5. In questo volume. torna al rimando a questa nota
  6. In A. J. Greimas Du sens. Essais sémiotiques, Seuil, Paris 1970 [trad. it. di Stefano Agosti, Del senso, Bompiani, Milano 1974, pp. 109-21]. torna al rimando a questa nota
  7. In questo volume. torna al rimando a questa nota
  8. In A. J. Greimas, Du sens II, op. cit. [trad. it., pp. 205-15]. torna al rimando a questa nota
  9. In A. J. Greimas, Du sens II, op. cit. [trad. it., pp. 217-38]. torna al rimando a questa nota
  10. Si veda Louis Trolle Hjelmslev, Prolegomena to a Theory of Language, University of Wisconsin Press, Madison 1961 [introduzione e trad. it. di Giulio C. Lepschy, I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino 1968]. torna al rimando a questa nota
  11. Cfr. L. Hjelmslev, Prolegomena to a Theory of Language, op. cit. [trad. it., pp. 14 e segg.]. torna al rimando a questa nota
  12. In A. J. Greimas, Du sens, op. cit. [trad. it., pp. 123-41]. torna al rimando a questa nota
  13. Cfr. nota 4. torna al rimando a questa nota
  14. A. J. Greimas e J. Courtés, Sémiotique: dictionnaire raisonné de la theorie du langage, Hachette, Paris 1979 [trad. it. a cura di Paolo Fabbri, con la collaborazione di Angelo Fabbri, Renato Giovannoli, Isabella Pezzini, Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, La Casa Usher, Firenze 1986, pag. 62, sotto voce “Comparativa o comparata, linguistica -“]. torna al rimando a questa nota
  15. A. J. Greimas e J. Courtés, Sémiotique, op. cit. [trad. it., pag. 63, sotto voce “Comparativismo”]. torna al rimando a questa nota
  16. Cfr. nota 3. torna al rimando a questa nota
  17. Cfr. nota 8. torna al rimando a questa nota
  18. Cfr. nota 9. torna al rimando a questa nota
  19. Cfr. nota 9. torna al rimando a questa nota
  20. Cfr. nota 8. torna al rimando a questa nota
  21. Si vedano i saggi, qui tradotti, nella sezione La comunicazione sociale: “Semiotica e comunicazioni sociali” e “I modelli teorici in sociolinguistica”. torna al rimando a questa nota
  22. Cfr. nota 6. torna al rimando a questa nota
  23. In questo volume. torna al rimando a questa nota
  24. In questo volume. torna al rimando a questa nota
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