È l’Era Remix


Da: Alfabeta2, n. 16, febbraio 2012.


 

È evidente che la nostra è la cultura del remix
(L. Manovich)

1. Un plagio per anticipazione

I concetti dismessi hanno la coda lunga, soprattutto quelli dotati di prefisso. C’è chi si inquieta sulla fine della de-costruzione, chi anela a dietrofront neo-realisti, chi sospira il vetero-marxismo e chi auspica il computer come meta-medium, ur-macchina culturale. Per molti infine il post-moderno è un sostantivo degli anni Ottanta ed è il re-mix l'”apriti sesamo” del Duemila, il segnalibro da registrare tra i preferiti teorici.
Mi sento più vicino a J. F. Lyotard che preferiva applicare al moderno il prefisso “ana-“: non per investigarne le vestigia ma per ripensarne i fondamenti e soprattutto le derive. Di questa “modernità riflessiva” il tratto principale è la grande conversione numerica che trova nei media l’ambiente e l’organologia. Allora: nello spazio di una comunicazione invasiva e pervasiva, dove collocare il remix, attività collettiva in rete per la riappropriazione e rielaborazione della testualità digitale?
In primo luogo ritrovandone la genealogia per appurarne l’originalità. Le avanguardie storiche, dai dadaisti ai surrealisti fino all’OULIPO e al gruppo ‘63, hanno sempre praticato l’appropriazione e la costruzione ricombinante di testi eterogenei. Un esempio tra tanti, esplicitamente citato da ideatori dell’ipertesto come Ted Nelson, è W. Borroughs che ha applicato a tutti i media – pittura, musica, fotografa, cinema – la strategia del cut-off: scomposizione e collage. Con un plagio per anticipazione (Queneau), tra il 60 e la fine del Settanta “the fold in method“, è stato una fonte impersonale di ispirazione artistica: “tagliare la linea delle parole per ascoltarne di nuovo la voce“. Una pratica d’élite, anche se i testi dell’avanguardia mescolavano cultura alta e popolare. A. Breton aveva espulso dal gruppo surrealista T. Tzara per cui “la poesia è per tutti“, ma è al dadaista che il tempo ha dato ragione. Oggi l’innovazione non sta più dalla parte dell‘autoreproduttorediffusore. Le tecnologie digitali con la trasformazione del personal computer in personal web permette la realizzazione collettiva dell’attività delle avanguardie; di trasformarne le parole d’ordine in passaparola. Il software, scrittura soggiacente ad ogni sistema di segni, è il meta-medium semiotico che ha preso il potere.

2. Semiodinamiche testuali

Nel w.w.web un documento elettronico è un mix di elementi che manifesta contenuti formati in diverse sostanze espressive. La sua presenza e circolazione reticolare si esprime in modo partecipativo attraverso sistemi eterogenei di lettura e ri-scrittura. La comunicazione è simultaneamente transitiva e riflessiva (readwrite): idiosincratica e idiosincretica, permette la negoziazione dinamica e permanente della testualità in rete. All’asimmetria EmittenteRicevente dei vetero-media succede un’alternanza comparabile ai pronomi personali nella conversazione: l’io diventa tu e il tu si converte in io. Quando l’individuo mediale diventa “con-dividuo” (Deleuze) attraverso la partecipazione alle reti, il ruolo del ricevente è quello di un passaggio intermedio della trasmissione dei messaggi. Nel new web il topdown si converte in downtop per via di blog e di chatroom, peer-to-peer-networks, podcast. forum, giochi multipartner e così via. Una “wiki-testualità” come esito della collettività delle applicazioni.
Questa mutazione dell’enunciazione in rete motiva l’inedita frenesia di ogni genere di remix e mash up testuali: dalla finzione all’informazione, dalla musica alla parodia politica. Al text editing si è sostituito il text mixer: rimissaggio collaborativo di massa dove i testi vivono in stato di traduzione semiotica tra variazioni, serendipità e invenzioni. Un montaggio delle attrazioni e delle distrazioni che, anche se privo del carattere emancipativo in cui sperava la teoria critica, va ripensato nelle sue implicazioni e ripercussioni.

3. Testi creoli

In ambiente Internet i messaggi crescono dal mezzo, come l’erba: non sono sottoposti all’approvazione finale, come i sondaggi, ma alla riformulazione permanente per via di remix e di mash up.
Non è facile descrivere la semio-dinamica (Sloterdjik) di una redistribuzione delle molteplicità che va ben oltre i tratti “postmoderni” del’appropriazione e citazione. Il remix ad es. è un trattamento più fusionale che contrastivo, opera in loop e in previsione di futuri remix (Manovich). Anche il mash up cinematografico, che sovrappone dialoghi, immagini e suoni di altri film, non è riducibile al montaggio tradizionale. Conserva infatti la memoria musicale di missaggio dei DJ, che oltre a miscelare e ottimizzare i segnali, genera versioni alternative e testi innovativi. Qui i testi sorgente sono masterizzati – amalgamati e ottimizzati – ma soprattutto copiati, ritagliati. incollati, trasformati, assemblati; il ritmo viene trasformato attraverso l’amplificazione o la diminuzione delle durate. Negli arrangiamenti non si trasformano gli spartiti ma le esecuzioni.
Alle metafore materiali del bricolage e del riciclo – far storie con le scorie di altre narrazioni (v. found footage)- o della biologia – viralità e ibridazioni, preferisco l’indicazione dell’etimo creolo di mash up (“distruggere”). I suoi esiti testuali possono essere alternanti o alternativi: pidgin impoveriti o varianti adiafore, ma anche arricchimenti costruttivi di senso, procedimento che caratterizza appunto le lingue creole.
Data questa elasticità dei linguaggi e le potenzialità offerte dall’apertura dei sistemi di segni, come procede il remix testuale? In primo luogo per esemplificazione: con la campionatura di tratti salienti sui molti piani semantici ed espressivi della testualità (iconici, verbali, fonografici, tipo-grafici, fotografici e cinematografici, ecc.). Poi attraverso la permutazione sequenziale dei moduli: dalla ri-documentazione fino alla narratività, dai ritornelli e dall’accumulazione di centoni fino all’argomentazione. Modificando se necessario le istanze dell’enunciazione, variando cioè i punti di vista. Infine, a livello discorsivo, per mezzo di conversioni retoriche di stili e di genere (degenerazioni e rigenerazioni). Qui si collocano gli omaggi e le maniere, le citazioni, le enfasi e le allusioni, le ironie e le satire che implicano un intreccio di rimandi diretti e di menzioni oblique le quali creano e sostengono una intertestualità condivisa. Un canone mobile e diffuso che funziona per sperimentazione ed inattese emergenze. Uno spazio semiotico continuamente lisciato e striato.

4. Fellinerie

Un esemplificazione sommaria, tra le tante: il mash up di alcuni film di Federico Fellini, che moltiplicano riprese e sorprese, variazioni metaforiche di proprietà assenti dal testo originale e completamenti del tutto inaspettati. L’operazione di remix porta abitualmente sui testi più noti e disponibili – Otto e mezzo, Il Casanova, la Dolce vita, ecc.; in particolare su found footage casuali o su trailer di presentazione filmica, che si presentano già come esemplificazioni compatte. Le istruzioni per la formattazione invitano talvolta a scaricare il video “formattando il colore dei font, il colore del fondo ed i limiti, la velocità della riproduzione del testo” – per installarlo su You Tube e per servirsene come karaoke! L’operazione di mash up è per lo più sovradeterminata dalla musica: in un caso (Otto e mezzo + Eminem) il mash up sovra-oppone al (fake) trailer di Otto e mezzo il video di una nota canzone rap, Lose yourself (da 8 Mile, cifra ha probabilmente attivato l’associazione). Il testo di Eminem prosegue e riprende il messaggio inquieto e problematico del film e con un’apostrofe destinata a cogliere l’occasione (“one shot, one opportunity“) esorta muovere “toward a new world order“. Lo stesso trailer di Otto e mezzo è stato invece accelerato e missato con una canzone degli Arcade Fire, “My body is a cage“, dove l’incertezza creativa del protagonista del film è significata da un blocco somatico e semantIco. Siccome la forma dei pensieri non trova la via del linguaggio (“Thought my langage is dead still the shapes fill my head“) il refrain auspica o afferma la congiunta libertà dello spirito e del corpo (Casanova + Arcade fire). Ancora: mentre il celebre ballo di Casanova con l’automa-marionetta o in Prova d’orchestra le immagini sono trascritte e la colonna sonora interamente sostituita, in una versione della Dolce vita (Fellini+Requiem for a dream) è la colonna sonora originale a restare mentre le immagini narrano un vago sogno adolescenziale.
L’intento può essere serio, talvolta critico o più spesso satirico; in ogni caso contribuisce attivamente a riconoscere, a travisare, ma anche far emergere proprietà testuali ben diverse da quelle ipotizzate da una estetica (passiva) della ricezione. Sul calco del termine “contestualizzazione” il semiologo parla di de-testualizzazioni e in-testualizzazioni.

5. Fare Mondi

Le tecniche autorizzano ma non determinano; mettere il mondo in rete non significa dare un mondo alla rete. I fenomeni e le esperienze che abbiamo descritto non sono il silicio filosofale della cultura informatizzata. Possono servire però da modello per il pensiero costruzionista dei Mondi di significazione. Secondo Nelson Goodman, filosofo del simbolico, i mondi che abitiamo sono generati a partire da altri mondi per via di ricomposizioni e decomposizioni, riponderazioni, enfasi, riorganizzazioni, soppressioni, integrazioni e deformazioni. Un dispositivo di remix che getta nuovi lumi sulle varianti testuali e le traduzioni tra le culture.
Sul piano delle pratiche infine, le operazioni collettive di mash up sono una forte scossa dello sciame sismico che mette a soqquadro l’ecosistema della proprietà intellettuale e dell’industria culturale. Il software e le opere dell’ingegno, cioè i testi di una cultura in stato di traduzione, sono beni collettivi, risorse comuni creative (CPL, common pool resources, per gli spagnoli procomùn) da esentare ormai dal diritto d’autore. La connettività non è la convivenza; l’interattività può diventare solidarietà attraverso la coesistenza tra testi del passato analogico e del presente digitale in un progetto d’avvenire.


Bibliografia

Fabbri P., “Eterografie di N. Balestrini”, sta in Parole da vendere, Galleria Di Maggio, Milano, 2006.
—, “Wikipedia, la mega-enciclopedia del web”, sta in AA.VV., Testure, a cura di S. Jacoviello, Protagon ed., Siena, 2009.
—, Fellinerie, Guaraldi ed., Rimini, 2011.

Goodman N., Vedere e costruire il mondo, Laterza, Roma, 2008.
—, C. Elgin, Ripensamenti in filosofia, altre arti e scienze, Et al. Edizioni, Milano, 2011 (pref. P. Fabbri).

Manovich L., Software culture (Software takes command), Olivares ed., Milano, 2010.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento