Da: AA.VV., Roland Barthes, a cura di Marco Consolini e Gianfranco Marrone, Riga, Marcos y Marcos, Milano, n. 30, 2010, pp. 216-222.
C’è un sistema di Roland Barthes? La semiotica farebbe meglio a ricercare in lui il gesto che indica la direzione da intraprendere. Egli per la cultura europea ha ricoperto la particolare posizione di aruspice anti-assertivo. Il sistema non era il suo obiettivo ma la sua vocazione. Ecco perché Barthes, anche dopo il suo periodo “semiologico”, non rinuncia mai a un metalinguaggio, non rifugge da una volontà descrittiva, delle differenti testualità che maneggia. Ma appena sente puzza di “rappreso” cambia strada. Egli è affascinato dal brusio del mondo, interessato più che al sapere dei saccenti, più che al già esplorato, all’eccesso che permette di dirigere lo sguardo verso il prossimo sistema, il prossimo metodo. Allora il brusio, sottolinea Fabbri, non è l’evanescenza del senso ma una garanzia contro l’autoritarismo della verità. Barthes si ritrova a proprio agio nel brusio, immergendosi nel quale egli segnala i picchi di intensità, chiedendo ai suoi sodali di intervenire, di scavare esattamente nel punto intenso e “personale” da lui indicato, alla ricerca di ogni generalizzazione possibile. Mentre lui è già avanti, si è già spostato verso il prossimo sistema.