Da: Maria Noel Do, SemioBo, pubblicato online il 30 ottobre 2014.
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In occasione del XII Congresso dell’Associazione Internazionale di Studi Semiotici, tenutosi a Sofia lo scorso settembre*, il semiologo Paolo Fabbri ci ha dato qualche minuto per discutere le idee presentate nella sua conferenza “La Passione dei valori: senso di colpa, indignazione, vergogna”.
Perché analizzare i concetti di Dignità, Valore e Indignazione?
Sono partito da due idee. La prima, la più semplice, è questa: lavorare concretamente sulla semiotica delle passioni per portare avanti la tradizione di Greimas e Fontanille.
Nel loro studio sono molti i modelli interessanti da usare per la descrizione di cose che ci interessano oggi, perché credo che la semiotica debba intervernire sulla comunicazione, sulla significazione contemporanea. Ad esempio, sui giornali escono sempre parole e concetti come “dignità del lavoro”, “indignazione” senza sapere bene a cosa si riferiscono. E penso valga la pena applicare i modelli passionali su questi concetti, per darne una descrizione più ricca e articolata.
La seconda idea è quella di dedicarsi al concetto di “valore”.
Il valore è un concetto molto difficile, io dico che è un “concetto zombie”, perchè va un po’ dappertutto: in economia, in politica, dovunque. Ma, semioticamente, ancora non è ben chiaro.
Dunque, che cos’è il “valore”?
Partiamo da de Saussure. Lui dice che è fondamentale nel linguaggio che la lingua sia un sistema di valore differenziale, quindi i valori negativi sono strutturali.
Altro aspetto è il desiderio: se io aspiro a una cosa, la cosa prende valore per il mio desiderio; non è bello quello che è bello ma quello che ti piace.
Ma basta questo? No, perchè a volte noi desideriamo una cosa non per il suo valore, ma per il valore che ha per gli altri.
E cosa succede con il concetto di Dignità?
La dignità è una definizione comunicativa che non può essere capita se non parliamo prima dell’offesa. Violare la dignità di un altro ci permette di capire l’effetto di senso della dignità. Abbiamo tre modi di violare la dignità: sul corpo, sulla cultura, sulla forma di vita, e la legge.
Un esempio per la prima categoria sono, per esempio, le donne violentate, le situazioni nelle carceri, ecc.
La questione culturale richiama la dignità collettiva: se dicono “gli argentini sono tutti ladri, gli italiani tutti bugiardi”, forse non è così. Ci sono 40 milioni di argentini e 60 milioni gli italiani e con buona probabilità il rischio che ci siamo solo stereotipi è alto.
Poi ci sono delle offese che pesano sulla vita e hanno riscontri giuridici come il caso dell’eutanasia.
Tutto sempre attraverso la comunicazione…
Certo! Perché l’atto di offesa viene sempre da un altro. E quando c’è un sistema binario c’è comunicazione.
Interessante, rispetto a questo, pensare al fenomeno degli indignados spagnoli. Loro si definiscono “indignati”. Non è un valore essere indignato, è un’incertezza sul valore, perché nell’indignazione c’è un compiacimento nella situazione di turbamento nella quale non sono obbligato a fare nessuna scelta. Sono indignato ma non faccio nulla per cambiare la situazione. Finisco, in questo modo, col restare in questa specie di valenza generale, che Greimas chiamava “l’ombra del valore”.
Dunque c’è una perdita nel valore di queste parole…
Infatti, la mia impressione è che questo “concetto zombie”, cioè un concetto senza cervello, si muove in ogni luogo, non ha articolazione, è onnivoro e mangia tutto quello che incontra. Oggi noi non lottiamo sui mezzi di produzione, come si faceva nel periodo marxista, ma lottiamo sui mezzi di definizione della realtà. Anche la semiotica lavora su questo, cioè su come si definiscono i concetti, che vengono definiti in modo da far presa sulla realtà.
Pensa alla semiotica come sapere multidisciplinare?
La semiotica può essere autonoma, purtroppo non avendo definito bene i suoi limiti, il risultato è che vengono tutti: dalla pubblicità, da altri tipi di comunicazione, dagli antropologi, dal cinema… c’è un po’ di tutto, e ho l’impressione che sia un po’ caotico.
I suoi limiti oggi sono imprecisi. Prima dobbiamo lavorare per definire modelli in modo da descrivere una realtà significativa e valorizzata.
Nota