Fabbri: “Fellini trattato come un’utopia”


Intervista con Lorella Barlaam, Chiamamicittà, Mercoledì 4 Aprile 2012.


Federico Fellini ancora senza “casa”, mentre Celli va all’Enit
Una Fondazione continuamente interrotta

Come il «nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero» di Gadda, «verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti», il pasticciaccio della Fondazione Fellini si ingarbuglia ancor più dopo le dimissioni di Pierluigi Celli, prossimo presidente Enit. Il 21 dicembre, durante la presentazione del Bilancio 2011, l’assessore provinciale Carlo Bulletti aveva dato il timing della “vera” Fondazione: 23 dicembre, nuovo Statuto; fine gennaio, istituzione ufficiale. Ma fino all’uscita di Celli «non si è mosso nulla e non si è saputo nulla» come sintetizza il semiologo Paolo Fabbri, che da direttore ha riportato la Fondazione al suo ruolo di ambasciatrice di Fellini nel mondo. Mentre «in questi mesi sono continuate ad arrivare proposte nazionali e internazionali di collaborazione a pubblicazioni, festival, mostre e convegni, da Bilbao a Buenos Aires» continua Fabbri. «Le ho inoltrate ai due assessori alla cultura di Comune e Provincia: ottime persone, certo, ma che non hanno ancora risposto nel merito. Che altro avrei potuto fare, col mandato chiusosi nello scorso giugno?» Ora qualcosa si muoverà… «Adesso che Celli ha scelto di andarsene, per correttezza e forse anche per una sorta di delusione per il mancato sostegno della città, leggo che il presidente della Carim, Pasquinelli, invoca una neo-Fondazione “all’altezza di Fellini”. Che altrimenti va “sciolta”, che non resti cosa “provvisoria, piccola e meschina”. Ma la Fondazione è già stata liquidata, mentre rimane comunque il problema del suo patrimonio, di cui abbiamo fatto noi l’inventario, che è passato al Comune. Gran parte delle proprietà erano state acquisite e date alla Fondazione dalla regione Emilia Romagna, che è piuttosto preoccupata che finiscano in un sottoscala. E l’impasse che dura da mesi ha paralizzato ogni operatività,- ai dipendenti è stata rinnovata la cassa integrazione, mentre il telefono della Fondazione squilla a vuoto. L’anno prossimo cadranno il 50nario di “Otto e mezzo” e il quarantennale di “Amarcord”, progetti che chiedono tempi lunghi di programmazione. Insomma, lungi dall’essere una proposta illuminante, quella di non rinnovare la Fondazione mi sembra un po’ l’affermazione della volpe. Che l’uva stava così in alto che nessuno poteva arrivare a coglierla. Mi sembra che si stia trattando Fellini come un’utopia, così che nessuno la debba realizzare. Perché le utopie, per loro natura, non si realizzano.» In compenso qualche risultato si intravede: la perdita prevedibile dei contributi del Ministero, Regione e Camera di Commercio di Rimini per complessivi 125.000 euro. C’è soluzione per questo garbuglio? «Forse, come in un romanzo di Umberto Eco, c’è una Setta misteriosa che osteggia la Fondazione… e almeno avrebbero potuto dare, a me e Celli che ce ne siamo assunti sinora l’onere quasi gratis, il Premio dell’Ordine di Santa Piada…» sorride Fabbri. «Ma al di là della lentezza congenita degli iter amministrativi, delle difficoltà con gli eredi Fellini, della congiuntura economica certamente sfavorevole per i soci forse è che non c’è soluzione per cui l’assenza di soluzione non sia la soluzione. In attesa delle prossime puntate, il 28 aprile con Miro Gori e l’autore presenteremo “Viaggio al termine dell’Italia. Fellini politico” (Rubbettino), l’ultimo libro di Andrea Minuz. Alla Feltrinelli.» Insomma, è sempre più difficile “tener la testa fuori dall’acqua”, come lei prometteva a “Il Fatto” in novembre… «L’ho detto quando ancora l’acqua era bassa… ma sale l’alta marea».
(Continua…)

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