Da: La Voce di Romagna, martedì 7 aprile 2015.
IL CASO Paolo Fabbri lancia un grido di allarme. Ma il Comune è davvero in grado di tutelare l’eredità del Maestro?
Cala il sipario. Anniversario più triste non poteva esserci: nel 1995, per iniziativa di Maddalena Fellini, nasce la fatidica “Fondazione Federico Fellini” (che poi, in questo tracollo semantico, non è esattamente una fondazione, ma una Associazione culturale onlus). Vent’anni dopo, si festeggia «la definitiva cancellazione dell’associazione “Fondazione Federico Fellini”», come recita la delibera di Giunta n.110 del 31 marzo scorso. A festeggiare, senz’altro, è il Comune di Rimini, che incorpora tutto il patrimonio della fu “Fondazione Fellini”, un tesoretto che, tra Libro dei sogni (valore: 348mila euro), sceneggiatura originale de La dolce vita (5mila euro) e diversi fondi (sono otto, il più prezioso è quello intitolato a Giuliano Geleng e Rita Giacchero), tocca la non piccola cifra di 1.056.088 euro. Estinti i debiti della “Fondazione Fellini” (550mila al 22 maggio 2011), il Comune di Rimini fa valere la noterella stipulata dieci anni fa (per cui «in caso di scioglimento, l’Associazione ha l’obbligo di devolvere il patrimonio e le eventuali somme residue al Comune di Rimini») e finalmente riesce nel sinistro intento di essere il plenipotenziario della memoria felliniana. Un desiderio realizzato strategicamente: prima con la messa in liquidazione della Fondazione nel 2011, poi con i lavori al Fulgor, infine con l’assunzione, tramite bando, dell'”esperto felliniano” a libro paga. Complimenti.
Federico è un brand promozionale. Cosa non va? Che una Amministrazione non può, non sa propagare cultura, non siamo mica sotto Stalin. «Ho appreso che apriranno nel 2016 il cinema Fulgor, e mi rallegro. Ma con quale programma?»: la domanda di Paolo Fabbri, ultimo direttore della “Fondazione Fellini”, non è affatto maliziosa, ma tocca il cuore del problema. «C’è un fatto che mi preoccupa moltissimo: chi continuerà a fare ricerca su Fellini? Il Comune può svolgere una attività di promozione, non certo di ricerca. Chi si occuperà di battere vie nuove nella ricerca felliniana, trovando cose originali? Resta, appunto, l’aneddoto, la celebrazione istituzionale e rituale, ma se si tratta di addobbare gli spazi riminesi con qualche immagine di Fellini, cosa che rientra nella promozione turistica, che senso ha?». In effetti, la spericolata azione culturale del Comune reca parecchie ombre. Un esempio: qual è il comitato scientifico che regge le future attività felliniane? Non si rischia di inscatolare «il cineasta italiano più conosciuto al mondo» (Fabbri) in una stamberga di provincia, buono per imbottire di illusioni qualche turista di passaggio o per inghirlandare la Notte Rosa? «La ricerca è essenziale, lo ribadisco. Faccio un esempio. Nel 2010 assegnammo il Premio Fellini a Paolo Sorrentino, attirandoci parecchie critiche. Poi Sorrentino è diventato quello che sappiamo. Se fai ricerca anticipi le questioni determinanti, altrimenti non ci arrivi». Giunge bene una ulteriore domanda: ma il Comune sarà in grado di ripristinare e gestire un evento internazionale (son passati Scorsese e Polanski, Sidney Lumet e Manoel de Oliveira, scomparso una manciata di giorni fa) come il Premio Fellini? Macchè, questi vogliono annientare tutto, sfruttando Fellini per le cartoline.
Occorre intervenire urgentemente. Al di là delle opinioni del passato direttore della “Fondazione Fellini” («le sole persone che sanno tutto a Rimini di Fellini, l’archivista Giuseppe Ricci e lo storico del cinema Marco Bertozzi, non sono state interpellate dal Comune, questo mi pare un paradosso assurdo»), conta il presente. Al Comune di Rimini ora spettano «anche i compiti di conservazione» del patrimonio felliniano, come vuole la delibera citata. «E qui è in ballo un problema urgentissimo: ai tempi della mia direzione avevo preso contatti con l’Opificio delle Pietre Dure in Firenze, programmando alcuni restauri sui disegni di Fellini. Federico infatti ha realizzato i suoi primi disegni con pennarelli semplici, che con il tempo si sbiadiscono: se non si agisce in fretta rischiamo di perdere un patrimonio». Chissà se gli sbiaditi amministratori del Comune sono informati. Meglio che si informino, visto che il tesoro comunale non è roba privata, ma pubblica, nostra.
(D.B.)