Da: Roland Barthes, Sul Racconto. Una conversazione inedita con Paolo Fabbri, Marietti, Bologna, 2019.
1.
Il 1 giugno 2018, alle ore 10,12, ho ricevuto una mail di T. Broden, della Purdue University (USA), biografo di Greimas e studioso del pensiero strutturalista. Mi segnalava che nel taccuino di R. Barthes depositato alla BNF, Bibliothèque Nationale de France, era annotata una Conversation improvisée con Paolo Fabbri, tenutasi a Firenze il 18 dicembre 1965. Una verifica del mio archivio riservava un’inedita sorpresa. La trascrizione in lingua italiana dell’intervista che avevo condotto allora per il Centro di Studi audiovisivi (CSA), alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze. Ero assistente volontario presso la cattedra di Sociologia con P. P. Giglioli che partecipò all’intervista con C. Luporini, A. Rossi e G. Tinacci Mannelli (direttore del CSA). Incrociando i dati, dall’accuratissima biografia di T. Samoyault risulta infatti che Barthes aveva effettuato in quel periodo una serie di lezioni alle università di Bologna e di Firenze.
L’intervista faceva seguito ad una conferenza di esiguo seguito sul tema della Narratività. La sede istituzionale, cioè la cattedra di Sociologia di C. Pellizzi, fondatore della Rassegna Italiana di Sociologia, non deve sorprendere. Barthes insegnava dal 1962 come directeur d’Etudes, “Sociologies des signes, symboles et representations” all’Ecole Pratiques des Hautes Etudes (EPHE, VI° section), diretta da F. Braudel – che sarebbe diventata Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS) nel 1975. Era membro del CECMAS (Centre d’Etudes sur la Communication de Masse) diretto da G. Friedman, sociologo del lavoro.
Barthes aveva da poco pubblicato i suoi Eléments de sémiologie (1965) e all’EPHE i suoi Seminari portavano su inventari dei sistemi contemporanei di segni: oggetti d’uso, vestiti, cibo, abitazioni (seguiti tra l’altro da J. Baudrillard, che avrebbe poi pubblicato Il sistema degli oggetti, 1968).
Quanto a me, con una borsa di studio di ricerca, avevo seguito i suoi corsi come Elève titulaire de l’EPHE, frequentato il CECMAS e pubblicato successivamente “Le comunicazioni di massa in Francia: antropologia, sociologia, semiologia”, Rassegna Italiana di Sociologia, a. VII, n. 1, gennaio, 1966, Il Mulino, Bologna. Nell’articolo, che faceva parte della rassegna “Le Comunicazioni di massa” a cura di G. Tinacci Mannelli, l ‘ultimo paragrafo era dedicato a “La prospettiva semiologica”.
Nello stesso tempo seguivo il seminario di sociologia del romanzo di L. Goldman, strutturalista genetico citato nell’intervista, di cui avrei curato, Le due avanguardie e altre ricerche sociologiche, Argalia, Urbino, 1966. Da Goldman ho incontrato Umberto Eco e fu l’inizio di una prolungata collaborazione ed amicizia. Sarei diventato in seguito coautore della “Prima proposta per un modello di ricerca interdisciplinare sul rapporto televisione/pubblico” all’Istituto di Etnologia di Perugia,1965 e dell’articolo “Per una indagine semiologica del messaggio televisivo”, Rivista di Estetica, maggio-agosto, 1965. Su proposta di Eco, avrei poi tradotto di Barthes, La retorica antica Bompiani, Milano 1972 (L’ancienne rhétorique, Seuil, Paris, 1970).
2.
La problematica narrativa è passata, per chi ne ricorda il nascere, da un iniziale negazionismo all’accettazione decerebrata dello storytelling. Negli anni del dominante paradigma dialettico e retorico, logico e stilistico, il racconto poteva rappresentare, ma non pensare. Solo lentamente si è venuta affermando la sua semantica trasformativa, la sua argomentazione “figurativa”, la sua forza persuasiva (Marrone).
L’intervista di R. Barthes anticipa, con singolarità di giudizio e precisione d’eloquio, il copioso numero di Communication n. 8, 1966, “L’analyse structurale du récit. Recherches sémiologiques”, a cui partecipavano A. J. Greimas, C. Bremond, U. Eco, G. Genette, J. Gritti, V. Morin, C. Metz, T. Todorov. Una raccolta pubblicata da Bompiani nel 1969 nella traduzione mia e di L. Del Grosso Destrieri. Un momento apertissimo di formazione della teoria narrativa che aveva i suoi precedenti negli studi di mitologia antropologica e folklorica, classica e contemporanea.
Per rendere l’intervista meno inattuale, vorrei toccare in due punti quel processo rigoglioso che ha preceduto la successiva teoria dell’enunciazione e che Barthes previde. Uno più teorico, è rilevante per gli sviluppi successivi della riflessione semiotica e discorsiva sul récit. L’altro, che interroga il rapporto tra narrazione e Storia, avrebbe lasciato un feuilleton di sequele non ancora esaurite.
2.1. La pubblicazione della Morphologie du conte di V. Propp,1965, di poco precedente all’intervista e pubblicato l’anno seguente in Italia, fu l’occasione di un dissidio teorico tra C. Lévi Strauss e A. J. Greimas che pubblicava nel 1966 il suo Sémantique structurale, recherches de méthode.
Per il grande antropologo, solidale di R. Jakobson, la sequenza sintagmatica delle narrazioni mitiche è sprovvista di senso e il solo modo di metterla in condizioni di significare è la suddivisione in mitemi, unità da disporre poi paradigmaticamente secondo codici culturali.
Per il semiologo Greimas invece era valido il modello fonologico che richiede una definizione paradigmatica ma anche sintagmatica del racconto. Ai mitemi si dovrebbero aggiungere i “narremi”!. Un’ipotesi che ha infine prevalso, ma al prezzo di squilibrare la ricerca semiotica sul testo verso la dimensione sequenziale del narrare, a spese della riflessione sulle gerarchie di senso e di valore (v. Fabbri).
2.2. Se è mal conosciuta la resistenza di Lévi-Strauss alle ricerche di Barthes a nome di uno standard molto selettivo di scientificità, è noto e mai sopito il diverbio con gli storici sulla natura narrativa della loro testualità. È relativamente recente il riconoscimento che la dimensione del racconto non era stato mai veramente posto dalla diverse scuole storiche – res gestae o Geschichte – e che è stato proprio Barthes, specialista di Michelet, a renderla rilevante (v. Hartog).
La salienza di questi temi può far sì che la pubblicazione di questa Conversation improvisée di mezzo secolo fa non abbia solo il carattere auto-commemorativo del presente con l’allegazione vintage d’un pensiero dismesso, lo strutturalismo.
Perché no? La parola vintage viene da vendange e rinvia all’affinamento del vino d’annata, quello maturo.
Nota
A questo titolo R. Barthes era directeur d’études alla EHESS fino all’anno 1977-78 nella sezione di Semantica, Semiologia e Linguistica, dove insegnavano C. Bremond, O. Ducrot, G. Genette, A.J.Greimas, Ch. Metz, E. Veron.
Bibliografia
U. Eco et al., “Per una indagine semiologica del messaggio televisivo”, Rivista di Estetica, maggio-agosto, 1966.
P. Fabbri, “Era, Ora, Barthes”, in AA.VV., Roland Barthes, a cura di M. Consolini e G. Marrone, Riga, Marcos y Marcos, Milano, n. 30, 2010.
– “Barthes docet: Enseñar/investigar”, in La exuberancia de los límites, a cura M. Serra, P. Francescutti, Editorial Biblioteca Nueva, Madrid, 2013.
– “Orientare, Roland Barthes, sta in Il Verri, Milano, n. 59, ottobre 2016.
– R. Barthes, l’intemporaneo”, Alfabeta2, 26 dicembre 2016.
– Introduzione a A. J. Greimas, Mitologiche. La semiosfera lituana, Aracne, 2017.
F. Hartog, Questions de récit. Evidence de l’histoire, Gallimard, 2005.
G. Marrone Introduzione alla semiotica del testo, Roma Laterza, 2011.
V. Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino, 1966.
T. Samoyault, Roland Barthes, Seuil, 2015.