Da: La Voce di Romagna, mercoledì 14 Gennaio 2015.
Il semiologo riminese ha abitato a lungo nella capitale francese e conosceva il vignettista Wolinski. Gli assassini erano “poveracci rintronati dal rap”. E i capi di Stato protetti da agenti pronti a sparare
Il riminese a Parigi. Paolo Fabbri, prof emerito e riminese di fama, a Parigi ha vissuto a lungo: lì ha studiato e, da giovane, ha conosciuto Umberto Eco. «Ero pure fidanzato con la direttrice del settore culturale di Liberation, figurati. Conoscevo il vignettista Wolinski. Una persona deliziosa». Fabbri è l’unico che, cacciando in cantina le teorie del “complotto internazionale” che fanno vendere i giornali e sbraitare i giornalisti, ha detto la verità sul profilo del commando che ha sterminato la redazione di Charlie Hebdo. «Erano dei poveracci. Degli sfigati rintronati dal rap, eccitati dal principio di morte, incapaci di vedere al di là del loro atto. Sono i cosiddetti “attori miopi”, il cui coordinamento accade quasi per assestamento reciproco, come per il volo degli stormi». Per cui non c’è il gran capo, il “vecchio della montagna” a dirigerli con il joystick. «Magari. L’imbattibilità attuale del terrorismo è data proprio dall’assenza di capi. Questa serie di attori miopi, in qualche modo inconsapevoli, forma il grande racconto che abbiamo sotto gli occhi». E il racconto dell’imponente marcia per la pace accaduta a Parigi, come lo interpreti? «Adatto al nostro desiderio di creare sempre dei santini». Cosa vuol dire? «Prova a guardare i filmati della marcia: chi è che afferra il braccio e la spalla del premier Netanyahu? Non te ne sei accorto? In mezzo ai grandi della terra c’erano le guardie del corpo. Durante la sfilata per la pace c’erano uomini pronti a sparare in ogni occasione».
Non ci piace la satira. Spesso e volentieri i commenti riguardo ai fatti parigini è che in fondo “se la sono cercata” quelli di Charlie Hebdo. «Ovvio, noi non abbiamo avuto il surrealismo». Spiegati. «I surrealisti erano sguaiati, violenti, atei, bestemmiatori. Noi avevamo i futuristi, che però sono scesi a patti con il potere. E la Chiesa Cattolica, che ha contenuto gli aspetti più grossolani della satira. Per i francesi è una questione di “genere”: è assurdo stupirsi che siano dissacranti le vignette di Charlie Hebdo, come è stupido stupirsi che in un libro giallo ci sono degli omicidi». Nel regno musulmano, poi, la questione è estremizzata. «Basta pensare al qui pro quo dei Versetti satanici di Salman Rushdie. Nel romanzo il cattivo che bestemmia Allah viene punito, ma per i musulmani è sufficiente la bestemmia per condannare a morte lo scrittore. Non c’è questione di genere che tenga». Fabbri ha tenuto alla Luiss di Roma un corso proprio sulle vignette, «focalizzandomi sulla quantità di immagini satiriche riguardanti l’affaire Dreyfus». In Italia la satira non funziona… «oddio, una tradizione l’abbiamo, pensa a La zanzara e a Cuore. Ma è fragilissima. Al contrario, ci distingue la poesia satirica, quella di Pasolini, di Delfini. Siamo forti nell’epigramma».
L’era oscena. Cosa preannuncia questa nuova epoca di terrore e, direi, di incuria culturale. «Siamo diventati ciò che ha previsto il grande Baudrillard: una società oscena. Dominata da un esibizionismo inverosimile. Che sarà combattuto da un crescente sistema di controllo. Voglio dire, soltanto un minimo autocontrollo fa evitare a una modella, mentre sfila, di alzarsi la gonna e fare pipì pubblicamente. Immagina per quanti milioni si venderebbero le sue mutandine, perdona la bassezza, il giorno dopo…». Anche il concetto di libertà di stampa va rinnovato. «Il lavoro del giornalista è altamente conflittuale, fortemente articolato. Un esempio: un giornalista deve dire la verità, ma ha il dovere di mantenere segrete le sue fonti. Vedi come sia complesso parlare di libertà di stampa. Cosa sei davvero libero di scrivere?». Insomma, oggi fai la fila anche tu per comprare Charlie Hebdo? «Non lo so. Certo, la maggior parte delle persone lo comprerà per collezionismo. Sono curioso di vedere i risultati del numero successivo». Sintesi netta: siamo osceni e feticisti. Questa è la carta d’identità dell’Occidente. (D.B.)