Da: Alessia Rastelli, Corriere della Sera, 20 febbraio 2016.
Paolo Fabbri, direttore del Centro internazionale di Scienze semiotiche a Urbino: «L’impatto della “scienza dei segni” diminuì già negli anni Novanta»
Umberto Eco ne è stato teorico e voce in Italia e nel mondo. Ma che cosa resta oggi della semiotica? La spinta propulsiva sembra essersi esaurita. Come nota Paolo Fabbri, direttore del Centro internazionale di Scienze semiotiche a Urbino, che con Eco insegnò a Firenze e Bologna, «l’impatto della “scienza dei segni” diminuì già negli anni Novanta». «Oltre alla congenita resistenza degli intellettuali italiani, formati sulla filologia e filosofia tedesche, sullo storicismo e non sul contemporaneismo, si è spenta la motivazione politica e culturale degli anni Settanta e Ottanta — osserva lo studioso — anche nell’Europa dell’Est, cui la semiotica era fortemente legata. Il linguaggio tecnico, inoltre, non ha aiutato». Ma Fabbri alla semiotica continua a credere. «Il progetto di comprensione della significazione, dei meccanismi di trasformazione del senso, vale ancora. C’è un rallentamento ma, rispetto all’entusiasmo e all’originalità di 30-40 anni fa, si è comunque creato un paradigma di ricerca e la semiotica è diventata una disciplina».