L’antifonario


Da: Catalogo della mostra di E. Castellani, Opus incertum, a cura di F. Mancini, Galleria Franca Mancini, Pesaro, 2002.


 

Questo è un nodo avviluppato/ Questo è un gruppo rintrecciato/
Chi sviluppa più inviluppa/ Chi più sgruppa, più raggruppa

(“Cenerentola”)

A prima vista l’Opus Incertum di Enrico Castellani esegue alla lettera il dettato rossiniano. Le sue Sette Situazioni prevedono una serie eterogenea di sculture, fotografie, quadri, tele, cromie, musiche e metronomi: un bric à brac “avviluppato e rintrecciato” di oggetti, suoni ed immagini.
Ma dopo una prima incertezza – così vuole l’opera – dalla congerie apparente cominciano a emergere opposizioni frontali, associazioni laterali e rinvii obliqui. Il brusio di un senso comincia ad echeggiare attraverso l’installazione. (Ma la parola è inadeguata perché richiama lo stallo e qui il senso è in movimento). Intravediamo un gioco di segni – rinvii, rimandi o, in senso più musicale, riprese e riesposizioni – che riempiono lo spazio della Galleria di Franca Mancini e ci chiedono una lettura, un rinvio a giudicare.
E poiché tocca a ciascuno di noi consolidare l’Opus Incertum, mi arrischio non all’ermeneutica, che vuole interpretazioni autentiche, ma all’esegesi, cioè a dare un orientamento di significato.
Cominciamo quindi col descrivere e rilevare le istruzioni di lettura.

* * *
La composizione dell’Opus è seriale, ordinata numericamente da Uno a Sette. Tra i due termini estremi, intitolati musicalmente: “Uno spartito”, “Sette note”, stanno le “Due torri sparite”, i “Tre quadri”, i “Quattro fiori”, le” Cinque vocali” e i “Sestetti”.
Alla successione numerica si sovrappone una serie verbale che funziona per associazioni linguistiche accoppiate e ricorsive: 1 Spartito-2 Sparite; 3 Quadri-4 (di) Fiori; 5 Vocali-6 Sestetti; 7 Note-1 Spartito. E così via.
Una terza serie, più propriamente pittorica, mette di fronte agli aspetti plastici, cioè a giochi spaziali, figurativi e cromatici. Come le altre due, ci riserva rime e parallelismi meno evidenti che invitano all’attenzione.
Come un legante, si aggiunge poi la musica rossiniana, scelta da B. Cagli, coi suoi movimenti, strumentazioni, vocalizzi e rintocchi di metronomo.

Prima coppia
1,1 Lo Spartito, installato su un alto parallelepipedo, è un “volume” bianco ed è tutt’altro che una partitura. In primo luogo, la forma – libro o quaderno di disegno – è illusoria: le pagine sono saldate e non si possono sfogliare. Elogio della pagina bianca, rinuncia alla notazione o allo schizzo? In ogni caso la sua forma convessa è il contrario della separazione in due parti che apparentemente lo intitola.
1,2 La forma del parallelepipedo e del volume convesso si spiegano per analogia e inversione dal confronto con la fotografia in bianco e nero che gli sta a fronte. New York, irta di Torri, ma a cui mancano i due parallepipedi gemelli. Assenza o cancellazione che ritroviamo nel gioco linguistico del titolo /spartito/ vs /sparite/: con la sparizione della consonante /t/ e il passaggio dal singolare al plurale e la commutazione corrispondente del significato.
Il movimento musicale passa dall’allegro giusto dello Spartito agli stacchi cadenzati e lenti dei metronomi registrati delle Torri Sparite.

Seconda coppia
2,1 I Tre Quadri sono perfettamente regolari nel ritmo interno della testura ed irregolari nel formato geometrico: lati ed angoli. Ma la loro disposizione sulla parete segue una cadenza di intervalli regolati. Il cromatismo blu è uniforme e saturato.
2,2 Il gruppo articolato dei tre quadri colorati è opposto al grande formato unico e regolare che raffigura i Quattro Fiori. Mentre i Quadri sono giustapposti, la carta da gioco a Fiori è sovrapposta ad una base grigia che la incornicia. È acromatica e rinvia così, obliquamente, al bianco e netto delle Torri sparite. Il Quattro di fiori è parte d’un gioco di semi e di figura che sottolinea o scopre l’analogia tra quadri e carte da gioco. Analogia affermata nella sua natura ludica e negata quanto al colore e al formato: l’irregolarità di formato e di superficie dei quadri è l’opposto della rigorosa simmetria del Quattro di fiori.
Qui il movimento musicale si smorza gradualmente: dal fortissimo dei Quadri all’andantino dei Fiori.

Terza coppia
3,1 Nelle Cinq Voyelles, la costruzione geometrica di cinque elementi rettangolari diversamente colorati è una ripresa geometrica e cromatica del formato Carta da gioco. Sono anch’esse su base grigia, ma sono Carte colorate, perché il gioco semiotico intende realizzare la celebrata sinestesia che, nel sonetto di Rimbaud, mette in parallelo vocali e colori: A nera, E bianca, I rossa, U verde, O turchina.
Il parallelismo è esplicito: come i fonemi costruiscono la parole, così i colori compongono le pitture. Il montaggio particolare degli elementi, disposti “a sonetto”, attrae l’attenzione. È un’allusione obliqua alle orgogliose Torri sparite, costruzioni crollate come castelli di carte?
3,2 I Sei Sestetti rossiniani rispondono, via il cromatismo del castello di carte, alle 5 vocali. Sul piano musicale, mentre le vocali sono caratterizzate, manco a dirlo, dai vocalizzi, i sestetti sono resi da battute di metronomo e pizzicati. La musica, qui più che altrove, sembra introdurre il processo nella serie artistica. E la pittura si pone forse come intercessore tra le serie sonore, linguistica e musicale. O è il fattore visivo che è necessario al linguaggio per raggiungere la musica?

Quarta coppia
4,1 I sette metronomi proseguono il movimento in Sette le note. La loro scansione rinvia dunque alle note, così come i cinque colori alle vocali. Ma questa ripresa pare meno importante dell’articolazione con l’elemento 1.1 della serie, richiamato ricorsivamente e per opposizione diametrale. Lo caratterizzano la molteplicità, l’orizzontalità e il movimento, contro l’unicità, la verticalità e la staticità inchiodata dei “quadranti” – un termine di legatoria – dello Spartito.
Qui la musica mescola tutti i motivi precedenti, ma sta per riprendere il primo: l’allegro giusto dello Spartito.

* * *

La composizione è quel modo di dipingere con cui le parti vengono composte in un’opera di pittura. […] Le parti della storia sono i corpi, le parti del corpo sono le membra. Le parti della membra, le superfici
(L. B. Alberti, “De pictura”)

È dal Rinascimento che l’ingegno del pittore non consiste nel far colossi ma storie: il modello di comprensione è retorico. Ut rhetorica pictura: corpi, membra, superfici hanno i loro paralleli letterari nei periodi, nelle proposizioni e le parole. I rimandi sono rime, giochi verbali che ci chiedono, l’abbiamo visto, di ragionare per suoni e figure.
I più scoperti – ci ha abituato la pubblicità! – sono i Calembours, fondati sull’equivoco fonico, il bisticcio semantico o il doppio senso del termine (spartiti/sparite; quadri e fiori, ecc.). Giochi semiseri che Castellani pratica molto gravemente perché sa che il ludico è il contrassegno dell’umano (Quéneau) e che lo scherzo è bello solo se è superiore (Flaubert).
Ma c’è un altro gioco più generale e segreto che pervade quest’Opus Incertum nel suo significante e significato, nella musica e nel pensiero: l’Antifona.
Antifona vuol dire, etimologicamente, risuonare in risposta. Figura musicale sacra, è stata dapprima un “canto sillabato che precedeva il salmo, metteva in risalto alcune parole e ne illustrava il mistero”. O più generalmente l’alternanza tra due voci (cori o solisti) o strumenti chiamati battenti o spezzoni. È figura del rimando nel visibile: la si può ritrovare persino nella disposizione dei fiori in certe nature morte. Ma è anche figura di pensiero: “capire l’antifona” vuol dire intender quel che il discorso vuol dire quando lo dice. Non nel senso immediato che porta, ma in quello che comporta.
L’Opus antifonale di Castellani, metafora enigmatica, chiede di aguzzare gli occhi a chi ha orecchi per intendere e viceversa. L’onere speculativo non è solo nell’intenzione artistica, è anche a carico del ricevente. Poiché nell’arte il senso non è solo dato cognitivamente, ma va escogitato: tocca anche a noi “strologare” che storia ci racconta.
E, fatto salvo il principio d’incertezza, di qualcosa siamo sicuri: quello Spartito, che dà il /la/ all’opera, è un Antifonario.

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